Noutopia

 

Associazione per l'eliminazione totale delle armi, della guerra e della violenza

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Noutopia breve saggio sull’origine delle armi

 

La guerra e la pace

 

l’orrenda sete di conquista e di morte

 

I saggi approvano e sostengono la guerra

 

La presa di coscienza

 

Il condizionamento

 

Aggressività ed altruismo

 

Nessun bambino nasce cattivo

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

La presa di coscienza

La coscienza è una facoltà emergente:

ma quando si forma all’interno del sistema nervoso e si manifesta in una nuova convinzione, allora assume connotazioni irrinunciabili: nel bene e nel male essa diventa un “imperativo categorico”; assume un peso straordinario e si realizza tanto nei più leggeri eventi quanto nelle trasformazioni ideali e storiche della collettività.
Essa ha costituito i mattoni che, uno sull'altro, hanno dato vita a quella evoluzione culturale che in milioni e migliaia di anni è giunta fino al giorno d'oggi attraverso un cammino vario e sempre più veloce.
Forse basta ricordare solo alcuni di quei passaggi tra le tappe più importanti della nostra storia: le cosiddette "scoperte" o "invenzioni" non sono altro che tappe diverse di questo lentissimo e graduale lavorio della mente: dalla "scoperta" del primo strumento alla "scoperta" del fuoco.
Quest'ultima rivelazione, che possiamo accostare all'epoca in cui abbiamo ritrovato tracce fossili di "Homo erectus", circa un milione e mezzo di anni fa, è stata probabilmente il più forte aiuto che la natura e la cultura, insieme, hanno dato al genere che stava nascendo.
Nel bene e nel male.

Homo erectus


Il fuoco ha concesso di utilizzare e conoscere le grotte che fino ad allora erano state abitate soltanto dai grandi predatori; ha permesso di illuminare quello che fino allora era rimasto buio; ha permesso di rendersi conto che perfino i grandi predatori avevano terrore del fuoco; ha


La scoperta del fuoco

dato impulso all'esplorazione del territorio ed alla sua conoscenza; questa è diventata sempre più vasta e si ritrovano tracce di carboni ed ossa fossili a latitudini molto alte e fredde come nei pressi di Pechino o anche in Ungheria, sempre un paese freddo. Questo genere si espande sulla superficie della terra arrivando a punti dei quali non potremo mai sapere la località.
"Homo erectus" ha così imparato a dominare il fuoco ma l'organo che è stato maggiormente favorito dalle trasformazioni in corso è stato il cervello, con l'ampliamento e il rinforzo delle funzioni che sono cresciute a dismisura.
E se non conosciamo la nascita della guerra abbiamo una testimonianza inconfutabile della sua già matura esistenza nelle pitture del Sahara intorno agli 6/7000 anni fa, con guerrieri armati di archi e frecce, divisi in due schiere affrontate e con i loro capi che si scambiano i simboli del potere. Possiamo dire che a quell'epoca essa era già perfettamente conosciuta e tecnicamente evoluta.
Poco dopo vennero scolpite, sullo scisto, le famose "palette" di epoca faraonica, che ci mostrano anche la crudeltà che ne seguiva: gli avversari vinti erano messi in catene e diventavano schiavi dei vincitori; si vedono scolpite le immagini degli stranieri sconfitti, decapitati o in catene.
Era la prova inconfutabile che la schiavitù era già in essere.
Le famose piramidi e i grandi monumenti che seguirono non sono altro che opera degli schiavi che non avevano alcuna possibilità di riscattarsi.
La schiavitù durò a lungo e la sua crudeltà raggiunse punte inimmaginabili; gli schiavi non avevano anima e non erano persone.
Neanche le bestie avevano trattamento peggiore.
Ebbe grande fortuna all'interno del bacino Mediterraneo, ma ad un certo punto tuttavia questo abominio uscì dal letargo: qualcuno prese coscienza di queste inutili stragi; ci furono guerre sanguinose e lo schiavismo, formalmente, scomparve. Si dice formalmente perché anche oggi milioni di esseri umani sono soggiogati ad altri per la loro povertà, inerme e ignorata.
Ma non si può trascurare un folgorante esempio di improvvisa presa di coscienza, come quello di Asoka (circa 250 anni a. C. ).
Egli fu un grande e sanguinario imperatore delle Indie; dopo l’ultima vittoria riportata sui Kalinga, di cui voleva occupare il territorio, e terminata con lo sterminio di circa centocinquantamila avversari, crollò sotto la vergogna e il rimorso gettando a terra la spada, arrivando a bandire ogni forma di violenza dal suo impero, predicando e facendo predicare “la via della compassione”. La storicità di questa esemplare “presa di coscienza” è testimoniata da qualcosa di più concreto di qualsiasi scritto (Pugliese Caratelli, G. “Gli editti d Asoka”, Adelphi, 2003): a perenne ricordo Asoka fece incidere, sulle rocce del suo impero, i precetti che costituivano la ferrea legge del suo spirito. Prova tangibile di ciò che può - e quindi deve - essere fatto.
Egli confessò chiaramente il suo rimorso e la sua vergogna, facendo anche scrivere che
“Tale è la penitenza del re caro agli Dei per aver sottomesso i Kalinga: perché la conquista di un paese indipendente è strage, morte, cattività di uomini; e ciò è fonte di pena e deplorazione per il re caro agli dei. Ma ancora più penoso per il re caro agli dei il pensare che quel paese è abitato da bramani e asceti e da seguaci di altre religioni… che soffrono per la sventura, il danno, l’offesa che ha colpito amici, parenti, compagni, familiari".
Altro motivo di speranza può essere rinvenuto nella sparsa e lenta consapevolezza che si va manifestando, nella nostra società, intorno alla difesa di ciò che costituisce e nutre la nostra esistenza: l’ambiente. Essa ha tuttora malvagi e potenti nemici ma anch’essi dovranno prima o poi riconoscere e capire che è l’ambiente che governa la vita del pianeta: nelle sue varie componenti biologiche e geofisiche, sociali, materiali e via dicendo. Esso dirige, nel bene e nel male, l'esistenza di tutte le specie animali e vegetali che popolano la terra; le influenza tanto profondamente da determinarne gli spostamenti e il modo di vivere, la sopravvivenza e la scomparsa. Tanto vale a maggior ragione per l'essere umano che con esso ha un rapporto ambiguo e combattuto, fatto di amore e distruzione, a seconda del grado di consapevolezza che regola l'adattamento dell'uno all'altro. Si, perché è proprio il modello di adattamento che altera, talvolta pesantemente, il rapporto fra umanità e natura.
Nonostante numerosi e potenti ostacoli, che hanno la loro base nello sfruttamento economico, essa finirà senza alcun dubbio col prevalere dal momento che un ulteriore degrado potrebbe portare all'estinzione stessa della vita.
E non tutti sono consapevoli di quanto abbia nuociuto, al convivere universale ed all'ambiente stesso, la cultura della guerra e della conquista, esaltata dalle idee di potere e di successo politico, militare e soprattutto economico, rinforzata da perversi pregiudizi di superiorità culturale, razziale o religiosa.
Sappiamo anche, specialmente nelle nazioni che fabbricano armi - da secoli adattate alle guerre - che questo concetto è facilmente trasmesso tra individui della stessa generazione. Ognuno di essi ha infatti ottime capacità di apprendimento che si possono definire sociali, i bambini e gli adolescenti sono facile preda di maestri che insegnano il valore delle guerre e delle conquiste.
Abbiamo già detto che l'aggressività non è sempre e soltanto maligna ma quest’ultima si manifesta in tutti gli atteggiamenti che sono "contro" la vita, animali o piante che siano.
Ed è un imperdonabile delitto distruggere la natura: basta l'abbattimento di una foresta. Pochi immaginano quali danni ci siano dietro un evento di questo genere.
Noi vorremmo, con queste modeste parole, lasciare alle generazioni che verranno un pianeta pulito di tutte le armi e di tutte le malvagità che queste scatenano, pulito anche dalla droga che diventa sempre più potente e letale e che si sparge ogni giorno di più tra i giovani e tra i più giovani arrivando ad incidere anche sui bambini.
E tutti questi orrori, e queste incalcolabili ricchezze rapinate non valgono la vita di uno solo dei nostri figli. Ed i figli appartengono alla nostra stessa specie, non importa sotto quale bandiera siano uccisi. Lo sappiamo bene, così come lo sanno i padri e le madri di tutto il mondo.
Ma i grandi della terra dicono, quando si mandano i giovani alla guerra: "lo si deve fare per rispettare l'onore della nazione, senza il quale essa perderebbe il rispetto degli altri paesi. Questa è una questione politica e non possiamo seguire passivamente i sentimenti familiari".

 

 

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